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Innovazione e transdisciplinarità per l’uguaglianza e l’inclusione
Manifesto programmatico
Disparità, disuguaglianze, stereotipi, diffusi nella quotidianità e anche in molti ambiti disciplinari, incidono negativamente, direttamente o indirettamente, sulla vita delle persone e sulla collettività.
La parità di genere migliora il benessere collettivo. Anche gli uomini, in una società maggiormente paritaria rispetto al genere, usufruiscono di significativi miglioramenti della propria qualità della vita.
D’altronde la riduzione di ogni tipo di disuguaglianza crea favorevoli condizioni per lo sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà, come ben dimostrato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e del Fondo Monetario Internazionale, in Europa le disuguaglianze sociali, di istruzione e reddito hanno provocato fino al 2015 una perdita di crescita economica pari al 5%.
Diventa, per il benessere dell’intera società, sempre più urgente concentrare la ricerca in questa direzione, sull’inclusione e l’uguaglianza, e su quali possano essere le soluzioni da porre in campo per raggiungerle.
L’innovazione tecnologica ha un indubbio potenziale per favorire l’inclusione ma solo se l’innovazione la si considera rispetto a tutte le sue dimensioni, tecnico-economica e sociale.
La visione deve essere quindi complessiva e transdisciplinare.
Pensiamo ai pregiudizi dell’intelligenza artificiale. Un algoritmo può essere sessista, razzista, omofobo, semplicemente perché come tutti i prodotti dell’ingegno umano anche quelli informatici subiscono l’impronta, positiva o negativa, di chi li ha creati.
Un design non inclusivo è potenzialmente pericoloso. Molti saturimetri sono calibrati per lo più su bianchi e più la pelle è scura e più imprecisa è la lettura.
A tutt’oggi una buona parte dei dispositivi di protezione individuale e molti strumenti da lavoro sono progettati rispetto alla caratteristiche morfologiche dei maschi. Così può verificarsi che maschere e occhiali di protezione non siano adeguati al volto delle donne, causando tagli o scarsa aderenza al viso con conseguente aumento dei rischi. Per giunta lo standard spesso non solo è maschile ma anche bianco e quindi i rischi si accentuano ulteriormente se la donna è afrodiscendente o di origine asiatica.
Oppure consideriamo l’importanza della medicina di genere e di quanto l’impostazione androcentrica sia pericolosa in termini di negative ricadute sulla salute e la qualità della vita delle donne. Comportando anche un aggravio economico sull’intera collettività. La medicina di genere, d’altronde, non riguarda solo la salute delle donne, né è esclusivamente incentrata sulle malattie degli organi della riproduzione, ma si interessa delle malattie che possono colpire entrambi i sessi. È un nuovo livello di analisi da inserire in tutte le aree della medicina già esistenti.
Da questo discorso non sono esenti tutti gli altri campi disciplinari dall'economia alla progettazione delle città.
Quanto detto è però sufficiente per comprendere come sia necessario un confronto transdisciplinare per l’apertura di un dialogo che permetta delle fattive connessioni nei diversi ambiti della ricerca dando inizio a una collaborazione per arrivare allo scopo ultimo: Parità.
Sonia R. Marino
donna, immagine città è promossa da: Integronomia ergonomia e sostenibilità; Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi Consorzio Interuniversitario; Ergolab Unitus presso Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell'Università della Tuscia; FEI, Federazione Esperantista Italiana.
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